Il Rigore Biancorosso del Pres

Undici domande. Undici, come i metri che separano il dischetto del rigore dalla linea di porta. In quegli undici metri c’è un universo intero di possibilità: la gioia estatica di un gol, il rintocco beffardo di un palo che quella gioia te la nega, la mano di un portiere che si impadronisce della gloria, spegnendo il fuoco della tua speranza e l’orizzonte infinito e vuoto in cui si avventura una palla che non centra lo specchio della porta. Undici domande. Undici, come quei maledetti metri, ma al contrario del rigore qui non è importante dove finisce la palla, ma ciò che importa è il viaggio del pallone.

Il Presidente Davide Anastasio

L’intervista

1 Qual è il tuo primo ricordo legato al Calcio? 

Il mio primo ricordo riguardante il calcio è ambientato in asilo. Il custode dell’asilo organizzava delle partite di calcio per noi bimbi, e così è avvenuto il mio primo impatto col calcio. I miei sono, quindi, ricordi di un calcio di quell’epoca: col secchio con la spugna se ti facevi male, per intenderci. Da quel momento ho iniziato a giocare a calcio, a 5 anni, e non ho più smesso. 

2 Chi è il calciatore che più ti ha affascinato e perché?

Io arrivo da un ruolo molto particolare: facevo il portiere. Probabilmente all’inizio perché non mi piaceva correre, come dicevano i miei genitori, ma poi mi sono appassionato tantissimo al ruolo. Per questo motivo, essendo poi anche juventino, il mio idolo è sempre stato Peruzzi, di cui ho ancora le maglie a casa.

3 Quando è iniziata la tua storia con Usom calcio? 

Tanti anni fa. Sono arrivato in Usom che giocavo in juniores, quindi intorno ai 18 anni. Si parla di 18 anni fa, non pochi considerando che adesso ne ho 36. Subito dopo la juniores ho iniziato a giocare con la prima squadra in seconda categoria, mentre allenavo anche i portieri. Giocavo poco, perché mi ispiravo a Peruzzi, ma non avevo proprio le sue qualità, così ho smesso e ho iniziato subito ad allenare. Ho iniziato ad allenare con Mario Brugnoli (che quest’anno allena i 2007) i ragazzi nati nel ’90 che allora erano nei giovanissimi: all’esordio in panchina abbiamo vinto il campionato, ed ho capito che quella era la mia strada.

Il Pres, quando neanche pensava di poter diventare il Pres.

4 In questi anni le vicende di Usom e le tue si sono intrecciate fino al punto da diventare difficile distinguere le une dalle altre, quali sono i momenti più belli che hai vissuto

L’anno in cui stavo lasciando il calcio giocato e l’Usom ha fatto i playoff della seconda categoria per andare su in prima. Mentre giocavo allenavo anche i portieri ed è stato un anno ricco di emozioni. E poi da dirigente l’anno in cui abbiamo vinto il campionato con i ragazzi del ’90, fra i quali qualcuno lo sento ancora ed è sempre bello da ricordare. Ma davvero qua in Usom ne ho avute tante di soddisfazioni, come quando siamo saliti dalla terza alla seconda, con la squadra allenata da me e Pier Barbieri. Un’emozione grandissima.

Ma devo dire che il ricordo di ciascuno dei ragazzi che ho allenato mi suscita belle emozioni.

5 La vita però non è fatta solo di luci, ma anche di ombre e di buio, qual è stato il punto più doloroso toccato dalla esperienza biancorossa?

(senza esitare un secondo n.d.r.) L’anno scorso. Quando siamo retrocessi in terza categoria, nel mio primo anno da presidente, dove ho investito tanto a livello di tempo e di energie, e inoltre ero il viceallenatore di quella prima squadra. La mattina venivo al campo a tagliare l’erba insieme ad Ernesto Savoldi, per fare allenare al meglio i ragazzi la sera. E quando abbiamo perso i playout ero seduto là (indicando il tavolino fuori dagli spogliatoi n.d.r.) a piangere.. ma il calcio è anche questo.

6 Vivere una realtà così immersa nel sociale e nelle vite di chi frequenta una scuola calcio ti obbliga ad assumere delle responsabilità, in che modo hai provato e provi tuttora ad essere d’aiuto nelle situazioni più disparate che ti si presentano? 

Il modo in cui cerco di affrontare tutte le situazioni è quello del dialogo e del confronto civile, senza alzare la voce, ma cercando sempre di ragionare e far ragionare. Da presidente devi gestire diverse situazioni: nel settore giovanile, dato che ci sono di mezzo le famiglie, bisogna cercare di parlarsi e far capire quali sono le eventuali problematiche; e invece quando hai a che fare con i più grandi devi innanzitutto, nel marasma del mercato calcistico, cercare di aiutarli a capire cosa sono i tesseramenti, i vincoli e cosa comporta essere vincolato, perché mai nessuno te lo spiega altrimenti. Da questo punto di vista cerco di aiutare molto i ragazzi, però io cerco di aiutare un ragazzo se questo si comporta bene ed in maniera corretta. Laddove c’è rispetto io do tutto, mentre quando manca quello non ha senso cercare di aiutare.

E poi, in ogni caso, noi abbiamo l’impegno e il dovere di far crescere i bambini e i ragazzi anche da un punto di vista valoriale, anche se nella società di oggi non è così facile.

7 Tutto quello che fai non sarebbe possibile senza quelle persone che supportano te e che sono le fondamenta su cui poggia Usom calcio, chi ti viene in mente? 

Usom si fonda innanzitutto sui valori. Valori che sono importanti per affrontare la vita: il rispetto, lo spirito di aggregazione, la famiglia e a differenza di altre società non guardiamo solo al discorso economico, per questo ci impegniamo tanto sul sociale. Quando penso alle persone che formano le fondamenta di Usom penso a Pier Barbieri, a Max Cavalli e un’altra persona che probabilmente non tutti conoscono, ma senza di lui Usom avrebbe grosse difficoltà, ed è Ernesto Savoldi. Lui c’è da quando è nata l’Usom: ne conosce vita, morte e miracoli ed è sempre qua tutto il giorno a fare qualcosa per Usom, per tutti noi.

8 Qual è la soddisfazione più grande di questa tua esperienza da presidente?  

La soddisfazione più grande, magari non ci crederete, ma è anche quello che ti da la forza di andare avanti, è quando i bimbi o i ragazzi qua in Usom mi riconoscono e mi salutano e mi trasmettono tutta l’emozione che hanno. Mi ricordo due anni fa, un episodio che mi resterà sempre dentro: ero uscito da lavoro arrabbiato, sono arrivato al campo per allenare i portieri e un bimbo che allenavo, Leonardo, mi è corso incontro chiamandomi: “Davide, Davide!” e io l’ho allontanato freddamente dicendogli che ci saremmo visti dopo, avevo ancora la testa troppo annebbiata dalla brutta giornata, ma dopo poco sento ancora “Davide, Davide!” e allora, un po’ scocciato, gli ho dato le attenzioni che mi chiedeva. “Ti ho regalato un disegno”. E con quel gesto mi ha svoltato la giornata. Quel disegno ce l’ho ancora a casa, incorniciato. Queste sono le emozioni e le soddisfazioni più belle che ripagano di tutto l’impegno e la passione che ci metto per l’Usom.

Un piccolo gesto, ma che ti cambia la giornata.

9 Tu, in quanto Presidente, sei una figura molto rispettata e autorevole per tutti i ragazzi e le ragazze che frequentano la scuola calcio, che consiglio ti senti di dargli nel vivere questo sport? 

Io ho sempre pensato che il calcio è un po’ la vita, perché impari a lottare, impari a non arrenderti e tante altre cose. Io poi avendo fatto il portiere ho imparato che subire gol è una delusione, ti fa male, ma non deve bloccarti, devi essere pronto per l’azione successiva.

Rialzarsi sempre, nessuna delusione è insormontabile. Questo è un messaggio che vogliamo e dobbiamo far passare ai nostri ragazzi.

10 Il futuro è tutto da scoprire, ma per quel poco che ci è permesso di controllare: come vedi il futuro di Usom calcio? 

Lo vedo con le basi che abbiamo messo in questi due anni, con i valori messi sul campo, con questa famiglia biancorossa che probabilmente sarà ancora più numerosa. Sono sicuro che con queste fondamenta forti farà bene. E con farà bene non intendo solamente un discorso di risultati, ma di partecipazione da parte di tutti: tesserati, genitori, istruttori e tecnici. Perché Usom va vissuta.

11 Eccoci all’ultimo metro, quello che separa un campione da un giocatore qualsiasi, e allora ti chiedo: quale pensi che possa essere il goal più importante da realizzare nella tua vita? 

Sono alla soglia dei 40 anni, a livello professionale sono soddisfatto e gratificato da quel che sto facendo, in Usom più di presidente non posso aspirare a diventare niente e quindi ciò che posso desiderare di più è solamente una famiglia, con cui condividere Usom ovviamente. Per il resto i miei goal già li ho fatti.

Intervista di Riccardo Meloni.


L’intervista nella mitica tribuna biancorossa.

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